Sono in vigore i nuovi criteri per la determinazione del compenso dell’attività svolta dall’avvocato nel procedimento di mediazione pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 26 Marzo 2018. Il compenso professionale è calcolato sulla base del valore della mediazione, dichiarata nell’istanza, per ciascuna delle tre fasi della procedura:
1. partecipazione al primo incontro (fase di attivazione);
2. prosecuzione oltre il primo incontro (fase della negoziazione);
3. raggiungimento dell’accordo (accordo).
Nulla potrà richiedere l’avvocato in caso di mancata partecipazione al primo incontro. Da una lettura della tabella pubbicata in Gazzetta Ufficiale, il compenso che il cliente è tenuto a riconoscere al proprio avvocato è raddoppiato al passaggio di ciacuna fase della procedura di mediazione.
Le indennità da riconoscere all’organismo di mediazione (incluse quelle al mediatore) rappresentano una modesta frazione del compenso dell’avvocato (dal 7% al 19%).
Confronto tra i compensi per l’attività svolta in mediazione e in giudizio ordinario
Pur considerando che il compenso può essere sempre negoziato tra avvocato e cliente e i paramentri costituiscono dei punti di riferimento, la mera differenza di importi a favore dell’attività giudiziale non deve trarre in inganno. Se il compenso per lo svolgimento dell’attività giudiziale è circa il doppio del compenso per l’attività svolta in mediazione occorre considerare tre fattori: tempi di incasso della parcella, ore di lavoro svolte e soddisfazione del cliente.
I tempi di incasso di una parcella per l’attivotà svolta in mediazione sono di norma di tre mesi (pari alla durata della mediazione stessa) rispetto ai circa 5 anni di un giudizio ordinario di primo grado. Se si dovesse dividere il compenso per le ore lavorate, si scoprirebbe facilmente che il compenso orario per l’attività svolta in mediazione è molto più alto rispetto a quello in giudizio. Infine, la soddisfazione del cliente è un elemento ovviamente non misurabile ma di grande importanza per l’avvocato.
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